I libri elettronici devono accrescere la nostra libertà, non diminuirla
di Richard StallmanMi piace molto il romanzo The Jehovah Contract e vorrei che piacesse pure agli altri. L'ho prestato in giro per lo meno sei volte nel corso degli anni. I libri stampati ci permettono di fare così.
Non potrei fare altrettanto con la maggior parte dei libri elettronici (e-book) commerciali. Ciò “non è consentito”. E qualora tentassi la via della disobbedienza, il software contenuto nei lettori e-book è dotato di funzionalità malevole dette DRM (che per noi significa “gestione digitale delle restrizioni”) le quali limitano la possibilità di lettura, semplicemente quindi questa tattica non funzionerebbe. Gli ebook sono cifrati affinché solo software proprietario con funzionalità malevole possa visualizzarli.
Molte altre abitudini a cui noi lettori siamo avvezzi “non sono consentite” quando parliamo di ebook. Nel caso del “Kindle” (per il quale “Swindle” sarebbe un nome più appropriato) di Amazon, per esempio, gli utenti non possono comprare i libri in maniera anonima, pagando in contante. I libri per il “Kindle” sono tipicamente disponibili solamente se acquistati su Amazon, e Amazon costringe gli utenti a identificarsi. In tal modo Amazon sa esattamente quali libri ciascun utente ha letto. Inquadrato nella cornice di uno Stato come il Regno Unito, dove una persona può essere processata a causa del possesso di un libro proibito, ciò è molto più che ipoteticamente orwelliano.
Inoltre, non potete vendere il libro elettronico dopo averlo letto (se Amazon prende il sopravvento, i negozietti di libri usati dove ho trascorso tanti pomeriggi saranno storia antica). Non potete nemmeno darlo ad un amico, poiché secondo Amazon voi non siete mai i veri proprietari dell'ebook. Amazon richiede agli utenti di firmare un accordo di licenza con l'utente finale (EULA) che specifica esattamente questo.
Non potete nemmeno essere certi che il giorno dopo l'ebook sarà ancora presente nel vostro dispositivo. Alcuni utenti che stavano leggendo 1984 sul “Kindle” ebbero un'esperienza orwelliana: videro dileguarsi davanti ai propri occhi i loro ebook, dal momento che Amazon impiegò una cosiddetta “backdoor” per cancellarli a distanza (un rogo di libri virtuale; forse che sia questo il vero significato del termine “Kindle”?). Ma non vi preoccupate, Amazon ha promesso di non farlo mai più, eccetto nel caso in cui lo richieda un ordine statale.
Nel caso del software vi sono due possibilità: gli utenti controllano il programma (facendo di tale software un software libero, oppure il programma controlla gli utenti (ed è non libero). La politica degli ebook di Amazon imita strettamente la politica di distribuzione del software proprietario, ma questa non è l'unica relazione tra i due. Le funzionalità malevole del software descritte sopra vengono imposte sugli utenti per mezzo di software non libero. Se un programma libero contenesse funzionalità nocive di questo tipo, alcuni utenti capaci di programmare le rimuoverebbero e ridistribuirebbero la versione corretta a tutti gli altri utenti. Gli utenti non possono modificare il software proprietario e ciò lo rende lo strumento ideale per esercitare il potere sulla gente.
Ciascuna delle menzionate usurpazioni della libertà dell'utente è una ragione più che sufficiente per dire no a questi libri elettronici. Se le politiche di questo tipo si limitassero all'azione della sola Amazon, potremmo raggirarle, ma le politiche degli altri fornitori di e-book sono sostanzialmente analoghe.
Ciò che più mi inquieta è la prospettiva di perdere l'opzione dei libri stampati. The Guardian ha annunciato “letture esclusivamente digitali”: in parole semplici, libri disponibili solamente al costo della libertà. Io non leggerò alcun libro a tale costo. Saranno forse, entro cinque anni, le copie non autorizzate della maggior parte dei libri, le uniche copie eticamente accettabili?
Non deve andare per forza così. Grazie al pagamento anonimo in Internet, pagare per scaricare libri sprovvisti di DRM e di EULA garantirebbe la nostra libertà. I negozi fisici potrebbero vendere e-book di questo tipo in cambio di contante, proprio come succede tuttora con la musica digitale su CD, che rimane disponibile per l'acquisto anche se l'industria della musica sta aggressivamente imponendo l'uso di servizi che impiegano le restrizioni DRM come Spotify. Sui negozi di CD grava il peso dell'alto costo dell'inventario, ma i negozi di e-book potrebbero scrivere le copie nella vostra chiavetta USB, l'unico inventario rimanente sarebbero le chiavette USB da vendere ai clienti nel caso in cui questi le richiedano.
La ragione per cui le case editrici acconsentono alle loro pratiche restrittive è il tentativo di impedire alla gente di condividere le copie dei libri. Ci dicono che lo fanno per beneficiare gli autori; ma anche nel caso in cui questo servisse l'interesse degli autori (cosa che per molti autori famosi potrebbe corrispondere al vero), non può in ogni caso giustificare il DRM, la EULA o il Digital Economy Act che rende illecita la condivisione. In pratica, il sistema del copyright non funziona bene per sostenere gli autori, eccetto quelli più famosi. L'interesse principale degli altri autori è di ottenere una notorietà maggiore, ragione per cui la condivisione del loro lavoro beneficia sia loro che i loro lettori. Perché non passare ad un sistema più efficiente e compatibile con la condivisione delle opere?
Una tassa imposta sulle memorie e la connessione ad Internet, in linea con le politiche in vigore nella maggior parte dei paesi della UE, potrebbe raggiungere lo scopo voluto, sempre che si rispettino tre punti essenziali: i soldi devono essere raccolti dallo stato e distribuiti secondo la legge, e non lasciati alla mercé di una società di raccolta privata; devono essere divisi equamente tra tutti gli autori, e noi dobbiamo assicurarci che nessuna azienda se ne appropri in loro vece; inoltre la distribuzione del denaro deve avere una proporzione non lineare rispetto alla popolarità ma più equa. Su quest'ultimo punto consiglio di usare la radice cubica: se A è otto volte più popolare rispetto a B, A riceverà un importo doppio di B (non otto volte tanto). Una politica di questo tipo sosterebbe adeguatamente molti scrittori discretamente famosi, piuttosto che far arricchire poche star.
Un altro sistema è di implementare in ogni lettore di e-book un pulsante per inviare piccole somme di denaro (per esempio 25 centesimi) all'autore.
La condivisione è un bene, e con le tecnologie digitali, condividere è semplice. (Stiamo parlando qui della ridistribuzione non commerciale di copie identiche.) Perciò, condividere deve poter essere legale, e la prevenzione della condivisione non è un buona scusa per trasformare gli ebook in manette virtuali per i lettori. Se nel caso degli e-book vi è una duplice possibilità di incremento e riduzione della libertà dei lettori, noi dobbiamo esigere tenacemente la prima: l'incremento della nostra libertà.
Questo saggio è stato inizialmente pubblicato il 17 aprile 2012 su The Guardian, con il titolo “Technology Should Help Us Share, Not Constrain Us” e qualche modifica non concordata. La presente versione incorpora una parte di quelle modifiche, ma per il resto ripristina il testo originale.
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